lei, Lei o LEI?


17/02/2013

La comunicazione umana, quella orale ma con maggiore intensità la scritta (verba volant...), è regolata da norme consuetudinarie di cortesia che si manifestano, sostanzialmente, allo scopo di rendere visibili la differenza o il rispetto che caratterizzano l’enunciato.

Come ogni consuetudine, variano col variare dei tempi, dei costumi e delle abitudini sociali, ma spesso (se parliamo di comunicazione formale) le nostalgie che accompagnano ogni supposta perdita di autorevolezza legata ai cambiamenti impediscono al "nuovo" di avanzare. Non che il nuovo che avanza sia sempre meglio del vecchio che resiste, per carità, ma nemmeno il contrario.

Parlando di parola scritta, un buon Ufficio di relazioni esterne (intendendo in senso lato e insieme il cerimoniale-protocollo e la comunicazione-divulgazione) non può che avere il compito di alleggerirne lo stile, lasciando il minore spazio possibile ad espressioni, forme e aggettivazioni sostanzialmente abbandonate nell’uso comune.

Senza dimenticare che, in seppur limitati casi - specie dove esista la necessità di rimarcare una certa distanza tra chi scrive e chi riceve - alcune formule "di rispetto" rimangono indispensabili, nella generalità delle circostanze un programma, un biglietto d’invito, una lettera, un messaggio di condoglianze, perfino un menu DOVREBBERO essere diversi, oggi, rispetto a tre o quattro lustri addietro.

Nessuno scrive lettere da tempo, così come non si usa più andare a casa della gente e lasciare il biglietto da visita a chi apre la porta per far sapere di essere passati di lì (ancora nella Roma descritta da D'Annunzio era frequentissimo). I comportamenti e le espressioni - verbali o scritte - si evolvono, a prescindere dalla nostra volontà. Così, non si usano più carta e penna: si "parla" per via telematica (riassumiamolo così pur essendo molto più di questo), con una libertà di linguaggio certo apprezzabile, ma pure sms pieni di abbreviazioni ed errori indotti dai correttori automatici, e gli intrecci emotivi delle immagini accanto al testo...

Tutt'al più, con grande sforzo, si mandano biglietti di auguri alle feste comandate: ma anche qui vengono utilizzati cartoncini prestampati, troppo spesso di dubbio gusto, che tradiscono la ragione stessa per cui sono stati ideati. Aggiungere un "Caro amico" a penna non salva loro l'anima... Piacciano o no la rete i tablet e gli smartphone, è così che si comunica, oggi, e scrivere una mail COME, esattamente COME, fosse una lettera con timbro e protocollo ha del ridicolo: bardare da cavallo un somaro non può servire a farli sembrare la stessa cosa. E tra pochissimo (forse già adesso...) anche scrivere una lettera  - una d'"ufficio", intendiamo - nello stesso identico stile "pre-mail" non avrà senso.

A questo riguardo, rimandando per una corretta scrittura in rete (ma non solo)  al bellissimo sito http://www.mestierediscrivere.com/, torniamo a parlare della italica, sorprendente, persistente e spesso sgrammaticata acquiescenza all'uso delle maiuscole nel corpo del testo, con particolare riferimento a quelle "di rispetto" (Lei, Ella, ecc.). Cominciamo dalle basi... "Si scrivono con l'iniziale maiuscola i titoli di sezione di qualisasi livello e, all'interno del testo, unicamente i nomi propri, mentre altrove è sempre preferibile l'uso del minuscolo, tranne quando sussiste un reale pericolo di ambiguità del significato dei termini". Roberto Lesina, Nuovo manuale di stile, Zanichelli 1994.

Qual è la ragione per la quale si ritiene giusto volgere al maiuscolo la T di tu, la L di Lei, o addirittura la V di Voi? Maggior rispetto per chi riceve la lettera? Perché non tutto corsivo, allora, il lei? Anzi, tutto scritto in grassetto? O sottolineato? Nel ventennio, ad un certo momento, in Gazzetta Ufficiale fu riportata la parola DUCE tutta in maiuscolo... Paolo Belardinelli su accademiadellacrusca.it rileva come la terza persona, singolare e plurale, richieda l'iniziale maiuscola "di cortesia" per evitare confusione con l'uso delle terze persone ordinarie (NON, quindi, per "rispetto"...). L'uso si estende agli aggettivi possessivi (Suo, Sua, Loro), ai dimostrativi clitici (La, Li) e alle pronominali oblique (Le, Loro).

I casi di ipotetica confusione, pure su una lettera formale, tra il Lei cui ci si rivolge e "altro o altra" lei sono più rari delle tigri siberiane, ma ammettiamo pure sia possibile. La grammatica è (teoricamente) salva, e il nostro è un paese barocco: a tanti piace così, pensano sia giusto così, si potrebbero addirittura offendere per il lei (e non il Lei) con il quale Loro ci si è rivolti... Risultato: la prassi costante della comunicazione formale italiana è ancora larghissimamente orientata in questa direzione, essendosi diffusamente scelto di tenere in poca considerazione le variazioni intervenute, nel contesto linguistico, tanto nell’uso comune che nella sensibilità sociale. Non possiamo che dolercene, con una preghiera: chi  vuole le usi pure all'inizio (La prego, Le chiedo) ma eviti di inserirla all'interno delle singole parole (farLe presente, pregarLa, invitarLa, chiederLe) perché quello, dal punto di vista grammaticale, è "anche", errore di sbaglio.

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